24. Il Vespro Siciliano

Bernardino Riccardi, metà XIX secolo – ante 1854
Il Vespro Siciliano
olio su tela entro cornice lignea dorata
(cm 135×175; tela: cm 111×151)
Palermo, Collezione Tasca d’Almerita

Il dipinto tratta di un episodio storico molto famoso, l’affronto di un soldato francese ad una donna siciliana il 30 o 31 marzo 1282, che scatenò la rivolta del cosiddetto Vespro Siciliano (Focus cat. 24).
L’opera fu commissionata da Lucio Mastrogiovanni Tasca e Nicolosi conte d’Almerita (1820 circa – 1892) verso la metà dell’800 al pittore Bernardino Riccardi (1814-1854), nativo di Parma ma operante a Roma.
Il Conte probabilmente coltivava sentimenti contrari alla dinastia dei Borbone che regnava sul Sud Italia dal 1735. Il soggetto, infatti, era interpretato, non solo in Sicilia, come il primo atto della lotta di liberazione contro la tirannide.
La pittura di Riccardi è tratta in gran parte dallo stesso soggetto dipinto dal pittore Francesco Hayez nel 1822. Il cuore della scena, sullo sfondo di un’immaginaria chiesa normanna di S. Spirito di Palermo, si svolge intorno alla donna protagonista della violenza che, svenuta, viene soccorsa da un frate e da un’altra donna.
Il marito è ripreso nell’atto di picchiare il soldato (riconoscibile per la veste azzurra con i gigli di Francia) che viene ucciso da un altro personaggio.
Tutto intorno si scatena la rivolta dei siciliani contro gli invasori, mentre sullo sfondo, a sinistra, si scorge Palermo immersa nella pianura lussureggiante, con il monumentale Monte Pellegrino che la caratterizza.
La violenza ad una donna durante il Vespro avrebbe condotto un’altra donna, Costanza di Svevia, a vendicare la morte del padre Manfredi da parte del re Carlo d’Angiò, riprendendo il trono del nonno, il re e imperatore Federico II.

Focus: Il Vespro Siciliano

Il “Vespro Siciliano” fu il momento in cui, alla fine del mese di marzo 1282 (il giorno 30 o 31) nei pressi della chiesa normanna di S. Spirito a Palermo, i palermitani si ribellarono ai dominatori Angioini, così chiamati dal nome del re di Napoli, Carlo d’Angiò, che era stato appoggiato dal Papa Innocenzo IV e che aveva sconfitto Manfredi di Svevia a Benevento nel 1266.
L’esplosione della rivolta fu causata secondo la tradizione da un soldato francese che aveva molestato una inerme donna siciliana, scatenando la reazione dei concittadini.
Il tumulto, certamente già organizzato, si propagò in tutta la Sicilia e mise in serie difficoltà i francesi, fino allo sbarco nell’isola del re Pietro III d’Aragona.
Il sovrano aragonese fu invocato dai siciliani che vedevano in lui il legittimo sovrano, avendo sposato Costanza di Svevia, figlia di Manfredi e nipote del re e imperatore Federico II, dunque la principale erede al trono di Sicilia.
Con questo atto i siciliani intendevano riportare la corona alle origini del regno normanno-svevo e, soprattutto, definire un regno insulare indipendente da Napoli.
La fama dell’evento durò nei secoli e fu richiamata durante i moti rivoluzionari contro i sovrani Borbone nella prima metà dell’‘800, perché restituiva l’immagine di una nazione siciliana unita e indipendente (Focus cat. 24 bis)
Il Vespro Siciliano quale fondamentale esempio contro la tirannide fu diffuso dallo storico arabista palermitano Michele Amari (1806-1889) che pubblicò a Parigi nel 1843 un volume dedicato a quell’episodio.
Furono realizzati anche dipinti da parte di famosi pittori, tra cui Francesco Hayez (1791-1882) e Domenico Morelli (1823-1901), e l’opera lirica “I Vespri Siciliani” di Giuseppe Verdi (1813-1901), messa in scena a Parigi nel 1855.

Focus – La creazione del mito normanno nell’800, la committenza aristocratica a Palermo

Parallelamente alle committenze reali dei Borbone (Focus, cat. 21) sugli edifici del potere (politico: il Palazzo Reale di Palermo; religioso: la Cattedrale) anche alcuni aristocratici palermitani riconoscono nel revival medievalista uno stile alla moda, ma anche rappresentativo delle radici storico e culturali della nazione siciliana. L’esempio del Vespro Siciliano, per alcuni, ne è certamente la chiave politica (Focus cat. 24).
Uno dei primi fu il nobile Ettore Pignatelli Aragona che realizza una romantica palazzina neogotica in riva al mare tra il 1827 e il 1829 con l’architetto Domenico Cavallari Spadafora. La chiama villa Cortès, dal nome del conquistatore Hernán Cortés dal quale la sua famiglia principesca vanta discendenza.
Con maggiore cura stilistica, nel 1835 circa Domenico Lo Faso e Pietrasanta duca di Serradifalco, uomo di vasta cultura e riferimento principale per i viaggiatori del Grand Tour (Focus cat. 22)  erige una palazzina ancora fuori dalle mura cittadine con la collaborazione del medesimo architetto.
Tra il quarto e il quinto decennio del secolo un’altra personalità di grande influenza, l’amministratore delle proprietà reali a Palermo, il marchese Enrico Forcella, trasforma un antico palazzo diruto in una rievocazione “arabo-normanna”. Vi si può ammirare una sala che cita l’Alhambra di Granada (Spagna), una sala con la copia dei mosaici della Zisa, una saletta con la riproduzione dei mosaici della Sala di Re Ruggero a Palazzo Reale.
I lussuosi e colti ambienti hanno un tale successo che sono visitati tra gli altri dal re Ferdinando II delle due Sicilie, dal principe ereditario Carlo di Prussia e dal re Ludwig di Baviera.
Altro cospicuo esemplare è il casino cosiddetto dei “Quattro Pizzi” sul mare dell’Arenella a Palermo fatto costruire, ad opera dell’architetto Carlo Giachery (1840-44), da un imprenditore borghese in grande ascesa, il capostipite della principale famiglia industriale a Palermo della Belle Èpoque: Vincenzo Florio. Anche in questo caso l’opera desta l’interesse nientemeno che dello zar Nicolò I di Russia che ne fa replicare le forme a S. Pietroburgo.
Intanto, intorno al 1835-36, il Luogotenente Generale del Re (il vicerè), Antonio Lucchesi Palli principe di Campofranco, incarica l’architetto Emmanuele Palazzotto di realizzare la facciata neomedievale del suo palazzo cittadino.
Significativamente l’edificio affaccia nella piazza intitolata alla Croce dei Vespri, cioè dove si pensa siano stati sepolti molti dei francesi uccisi durante la storica rivolta del 1282.

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2022-03-06T18:07:50+01:00
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