48. 28 settembre 2023 – Rocky Knob – Floyd
Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi
Lungo la strada Nord U.S. 221 verso la Virginia le coltivazioni che incontriamo nelle campagne ci fanno pensare già alle vacanze di fine anno. Sulle colline, come fossero filari di vigne, gli agricoltori della Nord Carolina hanno piantato alberi di Natale, migliaia di pini di varia età, da quelli che sono maturi per essere trasportati a breve nei punti vendita ai più piccoli, alti 30 centimetri, che verranno buoni più avanti. Da usare tutte subito, invece, le centinaia di zucche arancioni viste attorno alla cittadina diSparta: Halloween si avvicina, e questo frutto resta il simbolo delle feste autunnali in tutta America fino in dicembre.
Ci siamo trovati su questo tratto non previsto, perché dopo un’ora la Blue Ridge Parkway, che volevamo percorrere anche oggi, fino alla meta di Floyd, era chiusa per lavori. C’erano le indicazioni della deviazione da seguire per rientrare poi, più a nord, ed è stata alla fine una interruzione positiva, perché così abbiamo visitato anche la Appalachia rurale normale, abitata, non solo quella “protetta” del parco.
Importante era però che il rientro fosse prima di un appuntamento che non volevamo assolutamente mancare, il Blue Ridge Music Center. E ce l’abbiamo fatta. Si tratta di un Visitor Center unico, perché dal 2002 ospita un Museo vero e proprio che illustra la nascita della musica in America. La scelta del posto non è casuale, poiché è proprio nel territorio tra il Tennessee e la Nord Carolina che le popolazioni delle le Smoky Mountains e delle Blue Ridge Mountains, nel loro mix di coloni e contadini bianchi e neri, calati qui nei primi del Settecento, alleggerivano le loro dure giornate di lavoro con la pratica dell’eterna passione umana per la musica, i canti, e l’uso degli strumenti creati da sé. Per generazioni, le minuscole comunità della regione hanno prodotto un gran numero di artisti tradizionali, capaci di conservare una “memoria” storica musicale che ha le sue radici nell’incontro tra il banjo africano e il violino europeo. Una sintesi di suoni e strumentazioni generata nell’era coloniale, da cui sono nati “il bluegrass e il gospel montanaro che hanno profondamente influenzato lo sviluppo della musica popolare americana”. Lo si legge su un pannello del museo, che in tre saloni contigui offre una ricca, e spesso sorprendente, ricostruzione dei primi secoli della musica sulla Blue Ridge Mountains.
“Sulla frontiera, le origini etniche e di classe non erano così rilevanti come lo erano in Europa o anche nelle più vecchie comunità americane”, spiegano i curatori. “L’isolamento della vita di frontiera faceva delle riunioni in chiesa e nelle comunità eventi rari ma assai importanti. Tutti i pionieri gestivano le loro fattorie da sé affinché le loro famiglie fossero autosufficienti. Ma compiti più impegnativi, come costruire la casa o scartocciare le pannocchie dei raccolti di mais, esigevano un lavoro cooperativo che favoriva uno spirito comunitario”. In questo ambiente i pochi strumenti erano fondamentali per fare musica e, comunque, tutti cantavano. C’erano pochi pastori religiosi che erano anche coltivatori, ed erano loro a organizzare le messe, dapprima in casa e una volta al mese. Per partecipare, la gente camminava anche 15 chilometri, ma l’evento era insieme sociale e di spettacolo, spesso con danze e musica.
Nessuno sa quando i primi americani di origine europea cominciarono a suonare il banjo, ma ci sono stime che variano tra il 1630 e il 1770. “La maggioranza dei contadini dell’Appalachia non conosceva e non aveva schiavi propri, ma l’influenza delle canzoni afro-americane, gli stili di canto e il banjo raggiunsero alcuni coloni ben prima della Rivoluzione contro gli inglesi”, si legge nel Museo. “Con l’intensificarsi degli insediamenti si è fatto sempre più fitto lo scambio di idee musicali. Il banjo si trovò a giocare un ruolo centrale nella musica sociale condivisa da neri e bianchi insieme”.
Il violino, il banjo e il mandolino sono ancora oggi intrecciati nell’esperienza della musica country e del bluegrass in America, e il Centro della Musica nel parco offre ogni giorno uno spettacolo, dalle 12 alle 16, nel teatro all’aperto a fianco del Museo. Oggi i due musicisti (volontari) erano due grossi nomi del genere, Scott Freeman al mandolino e Willard Gayheart alla chitarra. Il primo è un professionista che ha suonato con diverse band famose, è autore di album ed insegna musica tradizionale. Il secondo ha compiuto 91 anni in giugno, è cantautore e famoso come artista, autore di disegni a matita di scene della sua montagna, che è quella attorno alla Blue Ridge Parkway. Sono anche parenti: Scott ha sposato la figlia di Willard e sua figlia, Dori Freeman, per coincidenza l’abbiamo sentita cantare poi la sera al The Floyd Country Store, un locale molto speciale di Floyd: negozio-bar-gelateria-ristorante e cuore della comunità locale amante della musica tradizionale.
Non ci era mai successo, facendo una sosta in un Visitor Center, di imparare molte cose come al museo, e di divertirci come ad un concerto.E anche di andarcene con una punta di orgoglio. Dal numero del 26 novembre del 1736 del giornale Virginia Gazette, riportato su un pannello dedicato ai violini, abbiamo appreso una notizia che ci ha sorpreso e fatto piacere. “Nel giorno della celebrazione di Sant’Andrea, nella contea di Hanover, è stata organizzata una gara tra violinisti locali con in palio un premio al vincitore: un pregiato violino di Cremona”. Stradivarius o Amati?. Se lo chiede anche il museo, ma non lo sa.
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