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Premio “The Bridge”

Premiazione dei vincitori della sesta edizione (2021) del premio letterario “The Bridge”, curato da Maria Ida Gaeta con la collaborazione di Maria Gliozzi, ideato per promuovere lo sviluppo di un doppio movimento narrativo e saggistico tra Italia e Stati Uniti. Vengono presentati i 5 cinque libri finalisti di ciascuna categoria (narrativa italiana, saggistica italiana, narrativa americana, saggistica americana). Si dialoga con i vincitori di ciascuna categoria. Per la narrativa italiana, Emanuele Trevi, Due vite, Neri Pozza, 2020: un doppio ritratto di due amici dell’autore, venuti a mancare, che si propone di esprimere tutta l’ammirazione che Trevi aveva provato nei loro confronti e di cui non si era veramente reso conto finché erano ancora in vita. Per la saggistica italiana, Elisabetta Rasy, Le indiscrete. Storie di cinque donne che hanno cambiato l’immagine del mondo, Mondadori, 2021: biografie di cinque donne fotografe, che hanno combattuto profondi ostacoli personali e sono riuscite a esprime un punto di vista femminile innovativo. Per la narrativa americana, Danielle Evans, The Office of Historical Corrections: A Novella and Stories, Riverhead Books, 2020: una raccolta di racconti e di una novella, nella quale si immagina l’istituzione di un ufficio governativa per la revisione della storia dei grandi monumenti americani; si riflette così sul rapporto tra una nazione e la sua storia, e di come quest’ultima possa essere raccontata da prospettive diverse. Per la saggistica americana, Patricia Gaborik, Mussolini’s Theatre. Fascist Experiments in Art and Politics, Cambridge University, 2021: un’analisi dello “strategic aestheticism” di Mussolini, una riflessione su come le varie leadership politiche intervengono sulla dimensione estetica al fine di legittimarsi.

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Napoleone e il culto degli oggetti

Videointervista di Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – a Arianna Arisi Rota (Università di Pavia), autrice del libro Il cappello dell’Imperatore, nel quale espone il ruolo svolto dagli oggetti materiali nella diffusione del culto della figura di Bonaparte. La professoressa spiega che, fin dagli anni dell’esilio a S. Elena, vari oggetti materiali (dipinti, busti, ma anche oggetti di vestiario) legati alla figura dell’imperatore divengono strumento di preservazione della sua memoria e simboli di partigianeria politica. Si assiste fin da subito alla serializzazione e alla mercificazione di tali oggetti, ma un posto di rilievo assumono le cosiddette “reliquie da contatto”, oggetti con cui Napoleone era direttamente entrato in contatto. Tra queste, un caso emblematico è quello della maschera funeraria di Napoleone, realizzata dal suo medico Francesco Antommarchi, di cui vengono riprodotte innumerevoli copie e a cui si ispireranno celebri artisti. Un altro caso particolare è quello del corpo del figlio dell’imperatore, Napoleone II: originariamente sepolto a Vienna, il corpo sarà spostato a Parigi a fianco a quello del padre, in un mal riuscito tentativo propagandistico del regime nazista. Infine, gli oggetti materiali dell’era napoleonica sono stati alla base dell’ispirazione di Stanley Kubrik per il suo film incompiuto su Napoleone – quello che è stato definito “il più grande film di Kubrik mai realizzato”.

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Rossini dalle fonti alla scena

Il musicologo Vincenzo Borghetti (Università di Verona) spiega l’importanza dell’edizione critica dell’Elisabetta regina d’Inghilterra, prima opera composta da Rossini per il teatro S. Carlo di Napoli e messa in scena in occasione della restaurazione al trono dei Borbone – nel 1815. Viene spiegato lo stato dell’autografo (relativamente pulito, ma pur sempre segnato da ripensamenti autoriali e modifiche successive); vengono inoltre esposte le difficoltà legate alla tradizione interrotta dell’opera (che non venne quasi mai rappresentata nel Novecento) e alla presenza di una seconda versione dell’opera (composta da Rossini nel 1822 per il teatro imperiale viennese). Ernesto Palacio (Sovrintendente del Rossini Opera Festival) presenta il processo e le scelte necessarie alla messa in scena dell’opera (dalla scelta degli interpreti, alla resa dei vari personaggi per mezzo del canto, all’allestimento della scenografia), mettendo il luce il ruolo decisivo del testo critiche sulle scelte della messa in opera.

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Filangeri – Franklin

Simposio che indaga il rapporto tra l’illuminista napoletano Gaetano Filangeri e il padre fondatore americano Benjamin Franklin, in particolare alla luce del loro fitto scambio epistolare. Paolo Jorio introduce i caratteri fondamentali del pensiero politico-giuridico di Filangeri, campione dell’ideale di governo illuminato. Amedeo Arena riflette sugli influssi reciproci tra l’Illuminismo europeo e la Rivoluzione americana, di cui il rapporto Filangeri-Franklin è emblema; i due condividono infatti una visione cosmopolita, che si riflette nel pensiero sulla necessità di tutela dei diritti fondamentali, sulla libertà di commercio e sulla libera concorrenza, sull’importanza di un’istruzione pubblica universale. Giuseppe Foscari analizza le affinità spirituali e intellettuali tra il napoletano e l’americano, dalla fede nel diritto come strumento di raggiungimento della felicità sociale, alla pragmaticità, alla sociabilità, fino all’ideale che le passioni umane dovrebbero sempre essere orientate all’azione pratica e razionale di miglioramento della società; si sofferma inoltre sul mio illuminista dell’America come “laboratorio di democrazia”, luogo di attuazione pratica dei principi teorizzati in Europa. Paolo Gravagnuolo propone degli spunti di ricerca sul rapporto di Filangeri con Cava de’ Tirreni, con la moglie Charlotte Frendel e con vari progetti urbanistici e di riforma sociale avviati nel Meridione di quegli anni. Antonio Trampus tratta dell’enorme fortuna postuma a livello internazionale della Scienza della legislazione di Filangeri, testo che riaffiora in tutti i momenti storici in cui la cultura occidentale riflette sui concetti di diritto, libertà e legalità. Vincenzo Pascale, infine, propone un’analisi dell’importanza dei concetti di città, desiderio e felicità nel pensiero di Filangeri (emblema del desiderio illuministico di fondazione di una città ideale per il conseguimento della felicità umana) e riflette sull’influsso degli emigrati italiani nelle città statunitensi come portatori inconsapevoli del pensiero di Filangeri in America.

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Il pianoforte di Napoleone

Videointervista di Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – al cembalaro Ugo Casiglia e al pianista Costantino Mastroprimiano, nei duecento anni dalla morte di Napoleone. Ugo Casiglia ci svela il fascino e le sfide della professione di cembalaro – ovvero restauratore di strumenti storici –, dalla rarità degli strumenti a corde antichi (quasi tutti perduti), all’attenzione ai materiali, all’importanza di una resa fedele del suono. Costantino Mastroprimiano – fra i più noti esecutori su strumenti d’epoca – ci parla poi delle peculiarità degli strumenti antichi rispetto ai pianoforti standardizzati moderni; in particolare, spiega come in varie aree geografiche venissero prodotti strumenti leggermente diversi, che producevano timbri specifici, spesso legati alla lingua locale, e come le musiche composte fossero appositamente tarate sulle particolarità di tali strumenti. Impariamo quindi l’importanza di continuare ad ascoltare le opere dei grandi compositori del passato sugli strumenti storici per le quali erano state composte.

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Il suono dell’imperatore

Il pianista Costantino Mastroprimiano per i duecento anni dalla morte di Napoleone. Per il 5 maggio, a duecento anni dalla morte di Napoleone Bonaparte, un concerto con musiche e strumenti d’epoca che rievoca il gusto e i suoni tipici del primo Ottocento. In programma cinque pagine vicine al contesto musicale napoleonico: Giovanni Paisiello (1740-1816), A favorite Sonata for the Piano Forte; Ludwig van Beethoven (1770-1827), Sei variazioni in sol maggiore per pianoforte su “Nel cor più non mi sento” della “Bella Molinara” di Paisiello WoO 70; Philipp Jakob Riotte (1776-1856), Europens Wonnetag. Die Vermählungsfeier Marien Louisens mit Napoleon I. am 11ten März 1810. Ein Musikalisches Gemälde für das Forte-Piano Op. 34; Philipp Jakob Riotte, Die Schlacht bey Leipzig oder: Deutschlands Befreyung. Ein charakteristisches Ton-Gemählde für das Piano-Forte (“La battaglia di Lipsia o la liberazione della Germania. Una pittura sonora caratteristica per pianoforte”); Ludwig van Beethoven, Wellingtons Sieg oder die Schlacht bey Vittoria Für das Piano-Forte von Ludwig van Beethoven 91tes Werk. Eigenthum der Verleger op. 91 (“La Vittoria di Wellington ovvero la battaglia di Vittoria” op. 91 – “sinfonia di Vittoria” – seconda parte).

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Napoleone e Manzoni

Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – dialoga con Luca Badini Confalonieri (Università di Torino) per il secondo centenario della stesura del Cinque maggio di Alessandro Manzoni. Il professore parla dell’arrivo ritardato in Europa della notizia della morte di Napoleone e di come Manzoni intraprese immediatamente la stesura del suo componimento, appena appresa la notizia. Viene trattata in particolar modo la questione dalla dimensione religiosa dell’ode, analizzandone le espressioni più significative (Genio, orma, naufrago, vergin di servo encomio / e di codardo oltraggio, al disonor del Golgota, cadde la stanca man) e soffermandosi sull’opposizione tra la dimensione della gloria terrena – altalenante ed effimera – e quella della fede nel divino – unica vera fonte di salvezza e redenzione. Nonostante la sua ostilità politica nei confronti del francese, il poeta rivendica la sua capacità di scorgere il valore universale della vicenda di Napoleone: la vita dell’imperatore diventa exemplum della vita umana, di come ogni tentativo di lasciare il proprio segno nel mondo è vano e di come solamente la fede in Dio può salvezza. Si riflette infine sulla fortuna internazionale del Cinque maggio, che divenne conosciutissima nonostante l’iniziale censura ed è da sempre oggetto di varie traduzioni.

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